Poco tempo fa, il dott. Armando Russo mi chiese di organizzare un incontro con due giovani ricercatori universitari, Adrien Lindon e Benjamin Barca. I due studiosi si trovavano a Messina per condurre un’importante ricerca, legata a un progetto di caratura internazionale, diretto dal dott. Paul Jepson del Dipartimento di Geografia e Ambiente della School of Geography and the Environment dell’Università di Oxford, in Inghilterra. Trattasi di un progetto pilota sulla situazione della caccia ai selvatici migratori in Italia – come ci riferiscono Adrien e Benjamin – nell’incontro avvenuto presso la redazione del nostro giornale. L’obiettivo dello studio è capire come si sia evoluto il fenomeno della migrazione col passare degli anni, sia da un punto di vista socio-culturale che normativo. Lo studio attenziona, in modo particolare, il mondo venatorio e quello degli ambientalisti che da anni ormai si “scontrano” in merito alla materia. “C’interessano molto anche gli aspetti politici, legislativi, sia delle direttive comunitarie europee, sia quelle della tradizione popolare, così come la frontiera caccia-bracconaggio”, così ci dicono in una chiara esposizione dei fatti i due ricercatori.
Ed ancora, “Lo studio si focalizza su quattro zone chiave, nelle quali esiste una particolare tradizione venatoria e nelle quali è, magari, venuto a crearsi un conflitto tra le diverse parti interessate”. L’attenzione della loro ricerca è, infatti, rivolta allo Stretto di Messina per la caccia ai rapaci, all’Isola di Ischia, come esempio di caccia nelle isole minori, il delta del Po, area umida di prima importanza per la caccia agli acquatici, e i valichi bresciani, interessati alla caccia dei piccoli uccelli. In ogni sito, sono stati contattati e, quando possibile, incontrati rappresentanti del mondo venatorio, del mondo ambientalista, cacciatori stessi e rappresentanti delle istituzioni, oltre ad altre persone interessate o esperte in questo campo. Per quanto riguarda lo Stretto di Messina, ci hanno riferito di essere stati anche nel versante calabrese. I dati della loro ricerca saranno analizzati e pubblicati in una rivista accademica di rilievo internazionale in lingua inglese, probabilmente, nel corso dell’anno prossimo. Ci siamo sentiti in dovere – visto il rapporto di cordialità nato reciprocamente – di condurli sui Colli San Rizzo per far visitare loro vecchi appostamenti, un tempo usati per la caccia ai rapaci, ormai non più praticata, in quanto gli stessi sono ritenuti specie protetta. Aspettiamo con ansia la pubblicazione del loro lavoro e per questo anche noi ci sentiamo “piccoli” artefici della loro importante ricerca.
di Rosario Lo Faro