Lucio Battisti e il suo Canto Libero

Sono trascorsi 21 anni dalla morte di Lucio Battisti e dà fastidio parlare di lui come di una persona che non c’è più. Ha ragione il suo più grande compositore di testi Mogol quando afferma “Lucio Battisti non è mai andato via, è presente e vive”. Egli stesso nel testo della canzone L’arcobaleno, cantata dal grande Adriano Celentano, su musica di Gianni Bella, sostiene che la canzone è impressionante, poiché non sembra nata da una sua ispirazione, ma gli sia stata dettata dal suo caro amico Lucio. In questa canzone, appunto, egli è presente e vive nei fenomeni naturali, come nel “tramonto e nelle foglie d’aprile”, è presente e “vibra dentro ad ogni voce sincera”, è presente e vive nel canto melodioso degli uccelli, è presente e vive, soprattutto, nel silenzio in cui riesce ad esprimersi meglio, a fare il discorso “più bello e più denso”.

Il suo canto, ora, nell’altra dimensione in cui si trova, è più libero, non sente più il peso della vita e le cose che in terra non aveva capito ora sono “chiare come stelle cadenti”. Dice, ancora, Lucio Battisti all’amico, che “avrei tante cose da dire” e lo esorta ad ascoltare “sempre e solo musica vera”, portatrice di amore e comprensione. È, questo, un bellissimo messaggio che Lucio Battisti dona, non solo all’amico Mogol, ma a tutta l’umanità del terzo millennio. Nel mondo manca l’amore e la comprensione tra gli uomini che dovrebbero imparare a convivere e a crescere nella diversità di una società multietnica, lasciandosi dietro l’odio ed i contrasti di ogni genere, come l’arcobaleno con i colori divisi, ma vicini ed uniti da formare una meravigliosa e celeste coreografia.

di Alfonso Saya

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