Padre Annibale Maria di Francia… il poeta

Padre Annibale Maria di Francia aveva il dono della poesia e – si dice – poteva essere un grande poeta, al punto di poter emulare il suo grande maestro Felice Bisazza, se non avesse seguito la sua vocazione e non fosse diventato prete. Se ciò fosse accaduto, avremmo avuto – si dice ancora – un poeta in più e la Chiesa un santo di meno, e tanti orfani non avrebbero trovato un padre e tante miserie non sarebbero state sollevate. Non condivido, per niente, l’assunto perché il fatto che abbia seguito la sua vocazione e sia diventato prete, e il padre degli orfani non esclude che padre Francia sia un grande poeta, il ‘Poeta della Carità’ come l’ha definito l’indimenticabile arcivescovo Angelo Paino. La poesia, del resto, è divina ed è ispirata dall’Amore e l’amore non ha altra sorgente che il Creatore. Non vi è, difatti, poesia più bella del Vangelo che è l’unica e sola chiave per risolvere i problemi che travagliano la società. Padre Francia, oltre che sulla carta, tradusse nelle azioni e nelle opere la poesia che gli cantava nell’anima, gli orfanotrofi sono il tempio vivo e concreto della Poesia. Non si può concepire il poeta separato scisso dalla Vita; vi deve essere coerenza tra Poesia e Vita. Padre Francia manifestò il dono della poesia, sin da piccolo, e sapeva cogliere, come il Pascoli, il bello nelle cose più semplici e più umili.

La poesia era la passione cocente del suo cuore, era l’amore che gli urgeva dentro incontenibile e lo manifestava con la parola, con la penna e con le opere. La poesia più bella da lui composta, che riassume tutta la sua vita spezzata per il bene dei bambini poveri orfani ed abbandonati, è quella, appunto, intitolata Io l’amo i miei bambini. È una poesia che esprime tutto il suo amore per i bambini, che egli definisce “Il più caro ideale della mia vita”. Qui, il lirismo raggiunge le vette più eccelse e si delinea, in tutta la sua essenza e in tutto il suo spessore, ‘il Poeta della Carità’. Come non lasciarsi vincere dalla commozione? Vediamo, con gli occhi dell’anima, il Mendicante di Amore bussare alle “ferree porte” e ricevere ripulse, e l’insulto più grande e più umiliante quello di essere cacciato come un cane rognoso e di vedersi sbattere la porta in faccia, “Via di qua l’importuno, egli è un insano/sconti la pena della sua follia! Struggente, alla fine, il grido: ‘O miei bambini!’”, in cui esprime tutto il suo amore e tutto il suo dolore, il martirio che ha provato per loro, tanto da scongiurare gli uomini e Dio. La poesia, quindi, non è solo un modo di scrivere, ma un modo di vivere! È bella la poesia delle parole, ma è molto più bella la poesia delle azioni. E chi è più poeta, in tal senso, di padre Francia? Lui usò la parola più bella che è il tesoro dell’uomo, che confessa l’Amore, che conquista i fratelli, usò questa parola nel senso sublime dei vincoli umani, la usò come il Poeta dei poeti che morì sulla Croce.

di Alfonso Saya

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