Don Bosco, Patrono degli apprendisti

Don Bosco, il grande Santo torinese, ha dato prova che il Cristianesimo non è “castratore di uomini”; non è la “consolazione per gli impotenti”; non opprime le doti naturali per cui “bisogna che Dio muoia, affinché l’uomo viva”. Così, predicavano i profeti della morte di Dio. Don Bosco li ha smentiti perché ha dato la prova che il Cristianesimo non è tetraggine, ma moltiplicatore potente di vita. Quello che distribuiva, generosamente, e con tutta l’anima ai giovani, a Valdocco, non era l’oppio per il popolo, ma pane, lavoro e Paradiso. Ha raccolto, per le strade di Torino, giovani sbandati e ha fatto di loro dei buoni cristiani ed onesti cittadini; si è fatto garante di loro, stipulando i primi contratti di lavoro, si era nell’anno 1851. Lui combattè per i diritti dei lavoratori, per l’orario di lavoro, il riposo festivo, le ferie, la protezione dell’apprendistato, che il nascente Socialismo non osava reclamare. Don Bosco non ha fatto assistenzialismo, carità spicciola, ma ha insegnato ai giovani, Lui che conosceva tutti i mestieri, come si guadagna il pane inserendoli nel mondo del lavoro. Mentre Carlo Marx, contemporaneo di Don Bosco, con la sua dottrina “intrinsecamente perversa” scatenò l’odio e la lotte di classe, ma non prese mai in mano la falce e il martello, Don Bosco, al contrario, incallì le mani e imparò tutti i mestieri per potere studiare e diventare sacerdote.

Alla scuola di Don Bosco son cresciuti migliaia e migliaia di giovani; Egli fu un sublime Padre e Maestro che ha inciso, profondamente, sul corso della Storia. Se Torino è diventata una delle maggiori città industriali d’Europa il merito è tutto di Don Bosco, che ha diffuso un’efficace cultura professionale con le sue scuole, le scuole salesiane, che non appartengono alla preistoria paleocapitalistica”, come sosteneva Sergio Quinzio. Don Bosco venne proclamato, dal grande Papa Pio XII, Patrono degli apprendisti, poiché il Santo dei giovani fu l’anticipatore di quel rapporto speciale di lavoro che è l’apprendistato regolato in Italia dalla Legge 19 gennaio 1955; fu il primo a porre l’accento su questo problema e la sua pedagogia, nel settore delle scuole del lavoro, rimane insuperata. Don Bosco è, più che mai, vivo, mentre i marxisti ed i falsi profeti sono morti e sepolti. Oggi, Don Bosco non ha frontiere e il suo Cuore abbraccia il mondo e dal Cielo; guarda, con immenso amore, ai suoi giovani e prima di morire, ha detto loro: “Vi aspetto tutti in Paradiso”. Il “Corriere nazionale”, il giorno del suo transito al Cielo, così scriveva: “Addio, Sante Spoglie di Don Bosco, con voi scompare, l’Astro della beneficenza, l’Apostolo, il Padre, il Maestro dei giovani”.

di Alfonso Saya

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