Il Diabete Mellito di tipo 2

Il Diabete Mellito di tipo 2 è una patologia che nel mondo interessa circa l’8,5% della popolazione, mentre secondo le ultime stime in Italia siamo al 6%. L’invecchiamento progressivo della popolazione e lo stile di vita dei paesi industrializzati – caratterizzato da una dieta scorretta e un aumento di sovrappeso e obesità – ha portato, nel corso dei decenni, a un aumento di diagnosi di diabete di tipo 2 sia nella popolazione generale che tra gli individui più giovani. Il diabete di tipo 2 è un disturbo cronico che, una volta sviluppato, condiziona sensibilmente la vita di chi ne soffre. Questa malattia dipende da una condizione di iperglicemia, causata dalla difficoltà dell’organismo a produrre o utilizzare adeguatamente l’insulina, l’ormone prodotto dalle cellule del pancreas deputato a tenere sotto controllo i livelli di zucchero nel sangue. Purtroppo, ancora oggi per il diabete di tipo 2 non esiste una cura, solo la possibilità di controllare e mantenere ai livelli ottimali la glicemia nel sangue. Per questo, è importante che il pubblico sia informato sui fattori di rischio e sulle possibilità di agire attivamente per prevenirne l’insorgenza. Ne parla il dottor Marco Mirani, diabetologo in Humanitas.

Una delle cause di una maggior diffusione del diabete di tipo 2 tra i giovani è, sicuramente, l’aumento di sovrappeso e obesità che è stato registrato tra la popolazione dei paesi più industrializzati. In Italia, stiamo raggiungendo numeri drammatici, si stima, infatti, che il 35% della popolazione sia in sovrappeso e l’11% francamente obesa. Un elevato indice di massa corporea (in inglese Body Mass Index, BMI), ossia il rapporto tra peso corporeo e altezza, insieme a un eccesso del grasso addominale e alti livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue sono direttamente collegati al rischio di sviluppare il diabete mellito di tipo 2. Altri fattori di rischio associati allo sviluppo di diabete sono: una vita sedentaria, un’alimentazione squilibrata, una familiarità per la patologia o nelle donne una storia di diabete gestazionale. Infine, anche il naturale invecchiamento è considerato un fattore di rischio per il diabete e, per questo motivo, superati i 45 anni bisognerebbe sottoporsi a periodici controlli.

Il diabete di tipo 2 può restare silente per un periodo molto lungo e venire per questo diagnosticato con anni di ritardo, aumentando, in chi ne soffre, il rischio di sviluppare complicanze associate, come quelle cardiovascolari, la nefropatia, la neuropatia, i problemi alla vista e anche malattie degenerative come l’Alzheimer. I sintomi tipici del diabete di tipo 2 (che possono manifestarsi in maniera acuta anche a distanza di diverso tempo dall’effettiva insorgenza della patologia) sono: affaticamento, aumento della fame, aumento della sete associato a un aumento del volume urinario, e calo di peso corporeo. In caso il medico noti dei campanelli d’allarme di un sospetto diabete, indicherà al paziente di sottoporsi agli esami del sangue, prescrivendo in particolare il dosaggio della glicemia e dell’emoglobina glicata nel sangue.

In ambito di prevenzione, è possibile agire attivamente sui fattori di rischio modificabili della patologia. Tenere sotto controllo il peso corporeo e avere una vita attiva, in cui si effettua esercizio fisico regolarmente (circa 3 volte a settimana, se ad alta intensità, o tutti i giorni per 30 minuti, se a bassa intensità), è la precauzione più importante contro lo sviluppo del diabete. Molto importante anche avere un’alimentazione equilibrata, povera di grassi saturi, di zuccheri e di cibi lavorati e ricca di frutta e verdura. Da evitare, infine, anche il fumo di sigaretta, considerato un fattore di rischio non solo per il diabete, ma anche per le malattie cardiovascolari a esso associate, oltre che rappresentare il principale responsabile di alcune forme tumorali. Si tratta di una serie di precauzioni particolarmente rilevanti: da diversi studi, infatti, risulta avere una maggior efficacia sul controllo della glicemia una modifica allo stile di vita rispetto a una terapia farmacologica.

Il trattamento del diabete di tipo 2 ha visto, negli ultimi anni, lo sviluppo di nuove possibilità terapeutiche, utili in particolar modo a tenere sotto controllo il rischio cardiovascolare, a cui siassociano i maggiori rischi di mortalità correlati al diabete di tipo 2. Tra questi farmaci, è benericordare gli analoghi del GLP-1 (Glucagon-like peptide 1) e le gliflozine. I primi mimano gli effettidel GLP-1, un ormone che viene prodotto dalle cellule intestinali, contestualmente alla digestione edeputato a semplificare la secrezione dell’insulina che, nel diabetico, è carente. I secondi – le gliflozine o inibitori del cotrasportatore di sodio glucosio 2 (SGLT2) – aiutano l’organismo a espellere il glucosio tramite le urine, proteggendo anche dal rischio di progressione della nefropatia diabetica. La pluralità di terapie farmacologiche, di cui disponiamo oggi, rende possibile allo specialista valutare, caso per caso, la cura più adatta alle esigenze del paziente, alle caratteristiche della malattia e al suo stile di vita”. (Fonte: Humanitas.it)

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