Due vite: L’ultima carezza di Trevi a Rocco e Pia

Il Romanzo ‘Due vite’ di Emanuele Trevi è l’ultima carezza agli amici scomparsi Rocco Carbone e Pia Peri. La prosa d’arte di Trevi come un carezzevole velluto avvolge due tra gli intellettuali più rappresentativi del panorama artistico letterario italiano. Due grandi artisti, ma soprattutto due amici con cui l’autore ha condiviso gli entusiasmi e le intemperanze giovanili e la ricerca di un’affermazione professionale in età più adulta. Il romanzo d’ispirazione autobiografica è, certamente, una raffinatissima operazione intellettuale che non sempre rivela al lettore il confine tra il ritratto umano e la deformazione letteraria che opacizza la realtà. Trevi è alla ricerca della giusta distanza per poter restituire al lettore, attraverso l’unicità dello stile, pagine di sentita autenticità. Colpisce subito la foto, l’unica inserita all’interno del romanzo, che lo ritrae con Pia Peri e che l’autore utilizza per contestualizzare la fugacità della vita, quell’istante d’inafferrabile felicità condivisa con Pia e Rocco, fotografo d’eccezione. Scomparsi entrambi in circostanze traumatiche – Pia affetta da SLA e Rocco vittima di un incidente stradale – sono per il lettore l’occasione per riflettere sulla dualità della vita, “la prima – scrive Trevi – è la vita fisica fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene”.

Sul ritratto di Rocco Carbone è proiettata l’ombra di Ciccio Ingravallo, l’eroe Gaddiano espressione del retroterra culturale e sociale a cui l’amico calabrese apparteneva, “quel meridione opaco” di cui era il prodotto e, al tempo stesso, l’espressione più autentica. Il delitto che gli attribuisce Trevi è quella condizione di infelicità che lo accompagnerà per tutta la vita, un insieme di concause che lo condurranno a virare dalla promettente carriera universitaria alla ricerca spasmodica del successo letterario. Affetto da un disturbo bipolare, Rocco ha gestito le ‘furie’ che agitavano la sua mente attraverso la letteratura, cercando di semplificare la costruzione sintattica e la puntualizzazione lessicale, risalendo all’autenticità del legame esistente tra oggetto e parola, pur di rintracciare l’essenza di ogni universale. Intanto, viveva “bruciando la vita con una pericolosa intensità” senza lesinare amori impossibili e piaceri effimeri. Trevi ha vissuto l’amicizia con Rocco in modo controverso, senza risparmiare opinioni critiche, allontanandosi da lui quando la vita lo richiedeva, ma sempre pronto a ristabilire quel contatto che si affermerà oltre la morte, quando gli editori chiameranno proprio Trevi a completare l’ultima opera postuma dell’amico, segno di quell’intimo legame che nemmeno la morte può infrangere.

L’omaggio di Trevi a Rocco brulica di passione, se ne percepiscono gli attriti, le delusioni, la fatica e la difficoltà di gestire una relazione con la strabordante personalità di Carbone. Diverso è l’omaggio a Pia, la delicatezza e la dolcezza infinita con cui Trevi mette in luce le qualità dell’amica diventano autentica poesia. Pia, temeraria e timida, traduttrice di talento, criticata per il suo ambizioso tentativo di voler riscrivere Lolita dal punto di vista femminile della protagonista, ha trovato la sua massima espressione nella cura dell’orto e nella produzione letteraria incentrata sull’esperienza del giardinaggio. Spicca tra le qualità umane di Pia la sua naturale predisposizione a ‘fare il bene’ senza imposizioni morali, ma per pura e autentica sensibilità, la stessa con cui ha sempre attirato a sé amori discutibili e amicizie insolite, un mondo di disadattati e balordi, che gravitavano intorno al lei e che occupavano il suo mondo. Persone di straordinaria grandezza artistica, eppure umanissime per i loro limiti, Rocco e Pia hanno saputo costruire attraverso la loro arte il loro ‘mondo nel mondo’. Proprio quando la vita li ha messi alla prova, hanno imparato che ciò che di loro non andava era quello che più funzionava ogni volta che si concretizzava nei loro capolavori. Pia e Rocco erano animati da quella ‘energia dell’errore’ capace di muovere ‘vere rivoluzioni’ cioè “trasformazioni di ciò che già sappiamo, di ciò che abbiamo sempre avuto sotto agli occhi, ciò da cui veniamo fuori”. “Perché noi operiamo – sostiene Trevi – secondo un’unica legge universale per cui è sempre l’impossibile che genera il possibile e dà sostanza alla nostra esistenza”.

Omaggiando Rocco e Pia, Trevi omaggia l’amicizia e la letteratura, definendole, circoscrivendole entro la sua esperienza biografica, ma restituendole al lettore sotto forma di universali puri. Per l’autore, gli amici sono “la rappresentazione delle epoche della vita che attraversiamo quando navighiamo senza poter intuire dove andremo a sbattere”, sono ricordi fuggevoli, che siamo destinati a perdere come “fiori di melo che si staccano dai rami, che volano via con rapidità”, travolti dalla transitorietà delle nostre esistenze. La letteratura – secondo Trevi – assume una funzione mistica, è il mezzo attraverso cui “evocare i morti”, ristabilire il legame, fissando l’immagine di quel felice incontro a Parigi, quando Pia, Rocco ed Emanuele discutevano sull’origine del mondo di Coubert e della sua libertà artistica, lontana da ogni retorica. L’autore, non a caso, sceglie di concludere il suo romanzo con la stessa immagine con cui lo ha iniziato: ripensando alla morte di Pia, alla sua anima che si libera e intraprende la strada che conduce alla sorgente della vita, evocando nuovamente quell’origine del mondo, che ci riconduce all’eterna ciclicità di nascita e morte.

di Tiziana Santoro