I rischi climatici negli stress test della BCE

La BCE ha reso noto che, nella prossima prova di stress del 2022, terrà conto dei rischi climatici e ambientali per calcolare l’impatto finanziario sulle banche, in considerazione della crescente importanza che i cambiamenti climatici hanno per l’economia. Nonostante alcuni miglioramenti riscontrati rispetto allo scorso anno, le banche devono compiere sforzi significativi per meglio sostenere la propria informativa al pubblico con dati quantitativi e qualitativi pertinenti, sottolinea Francoforte, che aggiunge nella seconda metà del 2021 la BCE si propone di identificare le restanti carenze e discuterle con le banche. La Guida sui rischi climatici e ambientali illustra come la BCE si attende che le banche gestiscano tali rischi in maniera prudente e forniscano al riguardo un’informativa trasparente nel rispetto delle norme prudenziali vigenti. La BCE seguirà lo stato di attuazione della guida mediante due azioni concrete. La prima avrà inizio i primi mesi del 2021 e sarà chiesto alle banche di condurre un’autovalutazione alla luce delle aspettative di vigilanza definite nella guida e di redigere su questa base un piano di azione. Questi elementi serviranno per svolgere un’analisi comparativa delle autovalutazioni e dei piani di azione, che saranno oggetto di confronto critico nell’ambito del dialogo di vigilanza. La seconda azione, in programma nel 2022, prevede, invece, un riesame di vigilanza completo delle prassi delle banche, al quale la BCE darà seguito con interventi concreti. Il rischio climatico – come ben spiegato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) – è il prodotto complesso dell’interazione tra la vulnerabilità, cioè quanto un sistema umano o naturale è suscettibile a subire gli impatti negativi dei cambiamenti climatici e l’esposizione, ossia la presenza di persone, ecosistemi, servizi, infrastrutture, attività socio-economiche e culturali, che possono essere esposti agli impatti negativi dei cambiamenti climatici (eventi estremi e tendenza del clima).

I recenti eventi meteorologici avversi, nel mondo come in Italia, hanno richiamato l’attenzione sulla gestione del rischio nel contesto di un clima che sta mutando. Focalizzarsi su questo obiettivo porterà, sicuramente, a una maggiore attenzione verso il territorio in un quadro nuovo per le istituzioni, nell’ambito di una politica di riduzione del rischio e dei danni derivanti dagli impatti negativi (presenti e futuri) in maniera efficace dal punto di vista socio-economico. Valutare e prevenire gli impatti significa anche ridurre l’ammontare dei danni e dei costi di eventuali disastri futuri. Quello climatico è anche un rischio che spesso ricade sulle spalle delle aziende, provocando effetti a catena sulle economie locali e nazionali senza, fino ad oggi, essere preso in giusta considerazione dai mercati finanziari. Per fare un esempio sulla vulnerabilità del clima, basta analizzare la situazione italiana, dove il cambiamento climatico non arresta la corsa e in 10 anni si è manifestato con 946 fenomeni metereologici estremi in 507 Comuni. I numeri sono allarmanti: solo nei primi 10 mesi del 2020, ci sono stati 86 casi di allagamento da piogge intense e 72 casi di trombe d’aria, in forte aumento sul 2019. A rivelarlo, è stato l’Osservatorio Città Clima di Legambiente – con un’analisi fino a ottobre 2020 – evidenziando che sono fenomeni in costante crescita, come emerge dal Rapporto 2020. Il clima è già cambiato, presentato in un webinar organizzato dalla stessa associazione. In Italia, tra le città a subirne maggiormente le conseguenze, c’è Roma, dove dal 2010 a ottobre 2020, si sono verificati 47 eventi estremi, 28 dei quali riguardanti allagamenti per piogge intense e poi Bari, Agrigento dove ci sono state anche trombe d’aria e Milano dove sono anche esondati i fiumi Seveso e Lambro.

di Sergio Lanfranchi

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