Ero seduto sul terrazzino della casa di San Saba, frazione del litorale tirrenico messinese, e di fronte a me stava il mare, calmo e placido. Era una magnifica serata di settembre ed erano circa le 21,30, fumavo silenziosamente, guardavo il mare punteggiato di una moltitudine di lumi, i più lontani e più piccoli erano “totanari”, i più vicini erano “lampare” della pesca delle aguglie. Tali lampare erano in continuo movimento lungo il braccio di mare antistante la casa, in una continua ricerca. Sapevo della pesca delle aguglie, mediante la lampara che illuminando i pesci li fa affiorare immobili o quasi, cosicché possono essere raccolti con il “coppo” mentre le più grosse possono essere catturate mediante una lunga fiocina con in cima un pettine con tante punte sottili. Non ero mai stato a pesca delle aguglie, mi mancava l’attrezzatura, da tempo desideravo attrezzarmi e poter soddisfare tale desiderio, avevo deciso, dunque, di associarmi con due compagni, indispensabili nei compiti della pesca.
In serata interpellai mio cognato Franco, e successivamente mio fratello Pippo, proveniente in ferie di lavoro da Aosta. Insieme ci mettemmo a lavoro, comprammo una lampara a gas da 6000 candele, coppo e fiocina, pronti ad uscire in mare per la nostra avventura. In una splendida serata senza luna attrezziamo “l’Albatros” il mio gozzo di 16 palmi e ci apprestammo a varare. L’operazione di accensione della lampara ci da qualche preoccupazione, ma risolviamo per il meglio con l’aiuto di un esperto pescatore, siamo privi di manometro, pertanto regolare la lampara ci é alquanto difficoltoso. Ottenuto un buon fascio luminoso spingiamo la barca a mare, ognuno prende il suo posto di combattimento, Pippo a prua con la fiocina, Franco in mezzo con il coppo ed io al timone. Andiamo adagio scrutando il mare, niente! Pippo mi grida di fermare, la luce abbagliante della lampara non lo fa vedere, mi chiedo se ho qualcosa per fare schermo alla lampara dal lato interno della barca, passo a Pippo un vecchio asciugamani travato nel cassetto di poppa, ed attendo; Pippo armeggia sulla staffa dove é appesa la lampara e ad un tratto ha uno scatto, che quasi ci fa capovolgere, abbrancata la fiocina ne da un violento colpo in acqua, la ritira esultante con una aguglia trapassata, guardo il mare e vedo due o tre cosi lunghi e bianchi che si muovono lentamente quasi sotto la barca a pelo d’acqua, le aguglie grido! Pippo fiocina disordinatamente, le aguglie scappano, ha fatto solo in tempo di agganciarne due, Franco niente, nel “coppo” solo acqua.
Sistemato il nostro schermo, ci rimettiamo in moto pieni di speranza, o così passano circa una ventina di minuti, senza vedere niente, ma, ad un tratto il mare illuminato a prua s’increspa, saltano le aguglie a branco, succede il parapiglia: Pippo fiocina ed urla ordini di virare, Franco più silenzioso, incoppa, ma spratico com’é la, maggior parte dei pesci gli fugge, gli grido di mettere il coppo dal lato della testa dell’aguglia, perché è il modo migliore di incoppare, lui borbotta che è difficile capire, nella confusione, dov’è la testa o la coda. In ogni modo Pippo si fa onore ed il secchio che abbiamo portato comincia a riempirsi. Continuiamo la pesca per parecchio, Pippo si trasferisce in piedi sulla prua dice che da li domina meglio la situazione, però sta in precario equilibrio, e rischia di farci un tuffo in acqua ad ogni fiocinata. Ad un tratto piombiamo in una zona piena di rondini di mare, che spaventate si mettono a volare, ma hanno un volo breve, dopo 50 metri circa si fermano e stanno con le pinne pettorali (ali) allargate e posate sull’acqua in questa occasione e Franco che si fa onore, col coppo fa una buona raccolta di rondinelle.
Io ho scovato un retino piccolo (quello del recupero pesci) e mi adopero a fare carniere. Pippo preferisce le aguglie (più sportive) specie quelle sole o in coppia, con le quali non fallisce colpo, invece quando si trova nel mucchio perde la concentrazione; la barca brulica di pesci, non c’è tempo di metterli nel secchio. Andiamo avanti e indietro, nella zona di fronte Capo Resocolmo, sento il braccio sinistro, quello del timone, che mi fa male, le continue virate a 90 gradi mi hanno procurato delle fitte alla spalla. Le aguglie, grida Pippo, a destra! saltano! Da prua lui vede meglio, aguzzo lo sguardo, e vedo anch’io i pesci lunghi e bianchi, sotto ed intorno la barca, saltano come per danzare, Pippo ha lasciato ogni prudenza, ed ad un tratto perde l’equilibrio e cade all’indietro picchiando una spallata al primo banco di prua, si rialza immediatamente contuso, e come se niente fosse, continua il suo febbrile lavoro, a terra poi non riuscirà ad alzare le braccia, la fiocina pesa e si fa molta fatica.
Il mare è bellissimo e la nottata serena, non smetteremmo mai, però ad una certa ora, le aguglie si fanno più rade, nonostante Pippo inciti alla ricerca verso altre zone, mento dicendo che sto per finire la benzina, e dirigo a terra. A terra l’ultima fatica di tirare la barca a secco, sistemare l’attrezzatura a casa, e poi il secchio colmo di aguglie, con frammiste le rondini di mare. Sul tavolo dello cucina ce ne sono per 8 Kg circa, non é andata male per degli inesperti come noi. L’indomani pesce per tutti, aguglie fritte.
“Storia dell’estate di Luglio 1968, per ricordare i fratelli ‘Pescatori’ Pippo ed Ettore.
di Armando Russo