Una lettera agli italiani da parte di Reginald Green, papà di Nicholas Green

Con il 26esimo anniversario della morte di mio figlio che si avvicina (Nicholas Green, un bambino americano di sette anni che venne ferito durante un tentativo di rapina mentre eravamo in vacanza, in Italia, il 29 settembre 1994 e che morì il 1° ottobre. I suoi organi e le cornee furono donati a sette Italiani, quattro dei quali adolescenti), l’Italia è sul punto di apportare un enorme cambiamento su come (dal 1999) le famiglie dei donatori di organi e i loro riceventi vengono trattati. In Italia, alcuni parlamentari hanno presentato un disegno di legge per permettere che le due parti possano tenersi in contatto, scrivendosi e anche incontrandosi, eventualmente, se entrambe lo vogliono. Durante uno scambio di email che ho avuto in questi giorni con il sen. Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, il dott. Sileri mi ha mandato questa inequivocabile dichiarazione di sostegno al cambiamento della legge: ‘La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della normativa attuale, la legge 91/99. Questa battaglia si può e si deve portare avanti.

Nel 2016, quando ho dato inizio a questa campagna insieme a un amico, Andrea Scarabelli, di Roma, nessuno ci ha appoggiato. L’opposizione era talmente tanta che abbiamo pensato a noi stessi come don Chisciotte e Sancho Panza. Il grande cambiamento è avvenuto, perché i media hanno pubblicizzato le nostre ragioni e le persone comuni hanno visto la mancanza di sensibilità, persino la crudeltà della legge attuale che, di fatto, impedisce alle due parti coinvolte in un trapianto di conoscere qualsiasi cosa tranne le informazioni di base della controparte. Le famiglie dei donatori non riescono, così, a sapere neanche se i riceventi degli organi della persona amata sono ancora vivi. E i riceventi non possono neanche ringraziare coloro che li hanno salvati quando nessun altro altrimenti era in grado di farlo. Nessuna delle due parti può nemmeno mandare delle lettere non firmate all’altra, per quanto entrambe potrebbero volerlo fortemente.

Nel 2016, l’intera questione era un tabù. Oggi, invece, le persone di tutta Italia si chiedono ‘Se due famiglie con un legame così profondo vogliono contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe essere in grado di impedirlo?’. Sentimenti come questi (per esempio, un affranto padre di Lecco, Marco Galbiati, ha raccolto quasi 50.000 firme in una petizione che chiedeva il cambiamento della legge dopo la morte del figlio Riccardo, nel 2017) e la pressione dei media hanno indotto il Centro Nazionale Trapianti a rimettere la questione al Comitato Nazionale di Bioetica. Ma prima di dare un parere positivo al cambiamento della legge, i membri del Comitato avevano bisogno di vedere delle prove tangibili e non, solamente, dei forti sentimenti personali. A loro, mandammo i dati che mostravano come, negli Stati Uniti, decine di migliaia di famiglie coinvolte in un trapianto si fossero scritte e una parte minoritaria si fosse anche incontrata. Nella grande maggioranza dei casi, come hanno dichiarato le autorità sanitarie, i risultati hanno contribuito ad accrescere la felicità e la salute di entrambe le parti.

Dopo attente considerazioni, il Comitato di Bioetica ha caldeggiato che alle famiglie dei donatori di organi dovrebbe essere permesso comunicare con i propri riceventi – una svolta epocale – sotto condizioni controllate e se entrambe le parti lo desiderano. Il dottor Carlo Petrini, direttore dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica come delegato dell’ISS, ha, in seguito, descritto le prove concrete che avevamo presentato come una ragione ‘fondamentale, se non quella decisiva’ per la decisione presa dal Comitato di Bioetica. Questa inattesa risoluzione ha persuaso molti altri eminenti nomi a sostenere la nostra causa. Così, le famiglie dei donatori potrebbero presto avere l’opportunità di porre fine a una vita di incertezze e ricevere notizie direttamente dalle persone a cui hanno salvato la vita. Non c’è un altro sentimento paragonabile a quello di contattare i riceventi degli organi della persona amata: si prova meraviglia di fronte al fatto che delle persone, le cui vite volgevano al termine, oggi, possono praticare sport, avere una carriera e dei figli, l’orgoglio di essersi aperti agli altri per aiutarli quando la pressione di ritrarsi su se stessi, nel dolore e nella disperazione, era quasi insopportabile, e il conforto nel sapere che qualcuno che si amava ha fatto così tanto per rendere il mondo un posto migliore. Grazie Italia, per aver sempre ricordato Nicholas in tutti questi anni. Spero, davvero, che la proposta di legge possa essere approvata e con un ampio sostegno”.

di Reg Green

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