“Essere” messinese “O non essere” messinese “Questo è il dilemma!”… Mizzeca!

Ebbene sì! La nascita del famoso e illustre drammaturgo di fama mondiale, William Shakespeare, sarebbe legata proprio alla città dello Stretto che gli avrebbe dato i natali.Sono tanti gli indizi che, per fatti e vicende, gli attribuiscono tale paternità, sia per una ricca produzione letteraria, ma, soprattutto, per varie vicende della sua vita, e ciò che stiamo per elencarvi rappresenta una mera descrizione.Una domanda ce la poniamo noi, dopo aver ascoltato l’architetto Nino Principato, sul perché gli Archivi Storici Inglesi abbiano, sempre, vietato l’accesso, o negato risposte, ai giornalisti italiani.Adesso, vediamone insieme gli indizi che lo vedrebbero nostro conterraneo.

Secondo un giornalista romano, Santi Paladino, che pubblicò un articolo sul quotidiano L’Impero, del 4 febbraio 1927 (dal titolo Il grande tragico Shakespeare sarebbe italiano), William Shakespeare nasceva il 23 aprile 1564, stessa data di nascita di Michelangelo (o Michel Agnolo) Florio a Messina, figlio di un medico e pastore calvinista di origine palermitana, Giovanni Florio e di una nobile siciliana, Guglielmina Crollalanza (da cui la traduzione in inglese in William Shakespeare) e moriva il 23 aprile 1616 a Stratford-upon-Avon. Tale teoria ebbe origine dal ritrovamento di un volumetto del calvinista Michelangelo Florio che conteneva numerosi proverbi che si ritrovano tutti anche nell’Amleto, famosa opera dello scrittore inglese. Paladino trattò l’argomento anche in due suoi libri scritti, uno nel 1929 e l’altro nel 1955.

La medesima teoria fu abbracciata anche da Enrico Besta, professore di storia del diritto italiano dell’università di Palermo, nel 1950.Anche Martino Juvara da Ispica, in provincia di Ragusa, pubblicò, nel 2002, un volume dal titolo Shakespeare era italiano. Lo stesso avrebbe chiarito il mistero del nome dello scrittore inglese e la notizia ebbe una grossa risonanza non solo in Italia. Infatti, il Times, quotidiano inglese famoso in tutto il mondo, l’8 aprile 2000, in un articolo di Richard Owen, scrisse, con toni favorevolissimi, sulla tesi di Juvara.

William si rivelò, sin da bambino, dotato di grande genialità e si appassionò, da subito, alla lettura. A 16 anni conseguì il diploma del Gimnasium in latino, greco e storia. La sua prima opera fu una commedia dal titolo Tantu trafficu ppi nenti, (Tanto rumore per nulla, che scrisse intorno al 1579), ma il manoscritto non fu mai ritrovato. Fu per la religione del padre calvinista che, dovendo scampare all’Inquisizione, venne mandato in Valtellina, poi a Milano, quindi, a Padova, Verona, Faenza ed, infine, a Venezia. Tornò a Messina dove, però, rimase per poco tempo. A 21 anni iniziò il suo “giro del mondo” visitando, prima, Atene, poi la Danimarca, l’Austria, la Francia e la Spagna.

Tornò, ancora una volta, in Italia, a Tresivio, in provincia di Sondrio, dove conobbe “Giulietta”. Ma la storia finì, tragicamente, perché Giulietta venne, dapprima, rapita per motivi religiosi e, successivamente, morì. Sconvolto per la morte dell’amata si trasferì a Venezia dove anche il padre, per le stesse ragioni, fu trucidato. Così decise di mettersi in salvo trasferendosi, definitivamente, a Londra. Qui cambiò la sua identità diventando il famoso William Shakespeare e qui iniziò a scrivere quelle opere che lo resero famoso in tutto il mondo, dove grande merito ebbero suo cugino e sua moglie, di otto anni più grande, che lo aiutarono nelle traduzioni dall’italiano all’inglese, quando ancora non era, totalmente, padrone della lingua.Preso possesso della lingua inglese lo scrittore coniò numerosi vocaboli e rese ricca la propria produzione letteraria, divenendo non solo ricco, ma le sue opere divennero famose in tutto il mondo.

Per l’architetto Nino Principato – “La commedia teatrale ‘Molto rumore per nulla’ (titolo originale in lingua inglese: ‘Much ado about nothing’), scritta da Shakespeare tra il 1598 e il 1599, è interamente ambientata a Messina e con personaggi tutti messinesi”. E aggiunge, ancora, che Nell’‘Amleto’ compaiono i cognomi di due studenti danesi, Rosencrantz e Guildenstern, che frequentarono l’università di Padova e che Michelangelo Florio conosceva.L’origine italiana di Shakespeare, forse, può spiegare i molti luoghi, presenti nelle sue opere, che caratterizzano l’Italia e i nomi italiani, come: ‘Romeo e Giulietta’; ‘Otello’; ‘Due signori di Verona’; ‘Sogno di una notte di mezza estate’; ‘Il mercante di Venezia’; ‘Molto rumore per nulla’; ‘La bisbetica domata’ ” – e tante altre, ancora.Nel Mercante di Venezia al “Bardo” William Shakespeare (era questo il nome che si attribuiva agli antichi poeti o cantori di imprese epiche presso i popoli celtici), viene attribuita una conoscenza molto approfondita della legislazione veneziana del tempo, del tutto diversa da quella inglese.

In Giulietta e Romeo, sembra voler rappresentare proprio quell’amore contrastato, vissuto in età giovanile. In Molto rumore per nulla, detta anche la “commedia degli equivoci”, sono riscontrabili modi di dire e doppi sensi, propri della parlata messinese.Quando morì, il 23 aprile del 1616, nessuna commozione, né lutto nazionale si registrò in Inghilterra, quasi fosse uno straniero.“E – continua ancora l’architetto – in ‘Molto rumore per nulla’ il comandante delle guardie Carruba, rivolto a Don Pedro, principe d’Aragona, ad una sua domanda risponde con una sicilianissima espressione, che è presente solo nella parlata dei siciliani e che, soltanto, un siciliano poteva conoscere, allora, soltanto oggi entrata nel linguaggio comune italiano: ‘Mizzeca, eccellenza!’ (Atto V, scena I)”.

Questi, e tanti altri, i punti trattati dall’architetto Nino Principato, come l’interrogazione sul trattino che, spesso, appare nel nome “Shake-speare”, che, secondo tanti anti-Stratfordiani (cioè coloro che credono nella paternità messinese), indica che si tratti di uno pseudonimo. Il trattino appare sul frontespizio dei “Sonetti” di Shakespeare del 1609 e ciò non fa altro che rafforzare la tesi del cognome composto: scrolla = “shake” e lanza/lancia = “speare”.

di Lally Famà

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