Sindrome del Burnout. Quando il proprio lavoro diventa un inferno

Il Burnout, letteralmente, significa ‘bruciare fuori’, rappresenta una condizione di esaurimento psichico ed emotivo che porta a un logoramento e a una lenta decadenza della persona, caratterizzato da depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale, provocando un atteggiamento negativo nei confronti di se stessi e del proprio lavoro, e un deterioramento nella relazione con il paziente. Colpisce, sovente, tutti coloro che esercitano professioni di aiuto, psicologi, psichiatri, medici, infermieri, assistenti sociali. Inizialmente, la Sindrome del Burnout è stata descritta da Maslach, il quale elaborò il test più diffuso per misurare il Burnout, MBI=Maslach Burnout Inventory, è uno strumento teso a focalizzarsi, essenzialmente, sull’esperienza personale di lavoro. Secondo alcuni studi, la chiave della genesi del Burnout risiederebbe nel contatto frequente con il dolore e il malessere degli altri, una condizione che stressa, emotivamente, per chi sperimenta l’empatia che (non sempre) viene gestita adeguatamente, in modo da tener un giusto distacco emozionale pur cercando di sintonizzarsi sui sentimenti degli altri e sentirli, così, come in quel momento li sente il paziente. Oggi, il Burnout si sta sempre di più allargando, includendo anche coloro che lavorano all’interno delle organizzazioni, aziende. Queste ultime, invece di riservare risorse per la ricerca e la crescita a lungo termine e accrescere le capacità delle persone, le convertono in rendimenti azionari a breve termine. Dunque, le priorità cambiano, si cerca di creare flussi di cassa in grado di coprire debiti, chiedendo ai propri lavoratori il sacrificio delle loro vite.

Il Burnout nasce laddove emerge una forte discrepanza tra la natura del lavoro e la natura della persona che lo svolge, è indice di una non corrispondenza tra quello che le persone sono e quello che devono fare, e lavorare in un ambiente in cui si chiede di più di quello che, invece, occorre, il risultato è vivere in uno stato di esaurimento cronico. Da qui, le tre dimensioni del Burnout: – Esaurimento, sia fisico che psichico; – Cinismo, come meccanismo di difesa verso un ambiente disfunzionale; – Inefficienza, legata al vissuto di inadeguatezza e alla perdita di fiducia. All’inizio, la persona sceglie il proprio lavoro che gli piace e inizia con entusiasmo (Fase dell’entusiasmo idealistico), in seguito, attraverso le continue pressioni e richieste dell’ambito lavorativo, l’entusiasmo iniziale incomincia a spegnersi (Fase della stagnazione), la persona incomincia a sentirsi sopraffatto da sentimenti di inutilità, inadeguatezza, insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato, inizia il distacco emotivo e l’assunzione di atteggiamenti aggressivi (Fase della frustrazione), si spengono l’interesse e la passione verso il tanto amato lavoro e subentra l’indifferenza fino a una vera e propria morte professionale (Fase dell’apatia).

Le cause del Burnout si possono, così, sintetizzare: sovraccarico di lavoro, mancanza di controllo sul proprio lavoro, mancanza di un equo compenso, mancanza di senso di appartenenza, mancanza di equità, conflitto di valori tra i valori dell’azienda e i valori dal lavoratore, a quest’ultimo non vengono riconosciute le proprie capacità e l’impegno personale. Qual è l’intervento sulle cause?È giusto che si parta dalla considerazione che il Burnout non è solo un problema personale del lavoratore che può risolvere da solo, le cause del Burnout sono più situazionali che personali, le soluzioni al problema devono essere ricercate all’interno del contesto organizzativo e sociale del luogo di lavoro.Diventa, così, un progetto di gruppo che coinvolge l’intera organizzazione, attraverso l’impegno da parte del personale organizzativo verso la promozione dei valori umani.

di Barbara Cortimiglia

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