È giusto che, in questo anno dedicato a san Giuseppe, noi, come credenti, lo possiamo includere di più nel nostro cammino verso la celebrazione solenne di questa santa Pasqua assai particolare. Propongo, umilmente, cinque modi su come il Custode del Redentore ci può dare una mano per approfittare di questo tempo di grazia quaresimale che stiamo vivendo. Il primo modo è di lasciare Giuseppe a insegnarci la via della semplicità. Nel sesto capitolo del vangelo di Giovanni, Gesù dichiara, coraggiosamente, ai suoi ascoltatori: “Io sono il pane della vita” (Giov 6,35). “Ascoltando questa fortissima affermazione essi cominciavano a mormorare” (vedi Giov 6,41) al punto che dicevano: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe?” (Giov 6,42). A quanto pare, consideravano Giuseppe un ebreo normale e rispettoso della legge, insomma, un uomo come gli altri. Implicitamente, Giuseppe non andò in giro per Nazareth facendo miracoli o facendo pubblicità per se stesso. Piuttosto, egli ha vissuto la sua santità avvolto nella semplicità.
Ogni anno, il Mercoledì delle Ceneri, ascoltiamo queste bellissime e serissime parole: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati” (Mat 6,1). Dunque, la nostra preghiera, il digiuno e l’elemosina dovrebbero essere conservati solo per gli occhi di Dio. Tuttavia, dovremmo anche ricordare le parole precedenti di Gesù nel Discorso della Montagna: “Così, risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mat 5:16). La differenza fondamentale la fa, sicuramente, la semplicità. Quando ci comportiamo con semplicità, non ci preoccupiamo per niente per la nostra gloria terrena che passa rapidamente come il vento, ma cerchiamo, invece, di dare tutta la gloria soltanto a Dio. Tale semplicità è una modestia vera dell’anima che ci permette di custodire l’intimità che abbiamo con Dio attraverso la preghiera, il digiuno e l’elemosina.
Il secondo modo è il lavoro che facciamo. La festa del 1º maggio di san Giuseppe Lavoratore ci indica che questo grandissimo santo sa rimboccarsi veramente le maniche per affrontare una dura giornata di lavoro. Giuseppe ci ricorda anche la dignità del lavoro stesso. Nella costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo del concilio vaticano secondo, Gaudium et Spes, leggiamo: “Sappiamo per fede, che l’uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa all’opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità, lavorando con le proprie mani a Nazareth” (no. 67). La Quaresima è un buon momento per vivere questa dignità di lavoro imitando san Giuseppe. Dio ci attira a sé attraverso i mezzi ordinari per adempiere totalmente i nostri compiti. Non abbiamo bisogno di cercare atti di penitenza straordinari o lunghe preghiere, specialmente se questi sminuiscono i nostri normali doveri. Quindi, prima di aggiungere altre pratiche, dovremmo raddoppiare la nostra attenzione per il lavoro che ci sta già davanti.
Il terzo modo è il riposo. Mentre Giuseppe ci mostra la dignità del lavoro, egli ha avuto alcuni dei suoi momenti migliori mentre dormiva. Fu qui che Dio gli parlò, ripetutamente, attraverso i sogni. Possiamo distinguere due tipi di riposo: il sonno fisico e l’abbandono spirituale a Dio. Entrambi sono decisivi per la santità. Il sonno ci rinnova per un altro giorno di lavoro e amore verso gli altri. Basta chiedere alla madre di un neonato l’importanza del sonno. L’abbandono aumenta la nostra speranza nell’amorevole provvidenza di Dio, rafforzando la nostra fede nei momenti di prova e creando spazio per la crescita dell’amore. Sia dal sonno che dall’abbandono riconosciamo i nostri limiti: abbiamo bisogno sia del sonno e anche di Dio. Possiamo vedere questo abbinamento interessante dei due bisogni proprio all’inizio del Salmo 127: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno” (Sal 126,1-2). Questo salmo proclama la futilità dei nottambuli e il vuoto dei santi che si sono fatti da soli. Il Salmo 127 è un buon promemoria durante la Quaresima del nostro impegno individuale e collettivo per la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Questi non sono esercizi della nostra pura forza di volontà. Le nostre pratiche da sole non ci rendono santi. Solamente Dio ci rende santi tramite l’attività del suo santo Spirito. A volte, Dio ci invita a riposare. Ricordiamo le parole di Mosè agli israeliti mentre il Faraone li inseguiva: “Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli (Esodo 14:14), così come sono confortanti e rassicuranti le parole del profeta Isaia:“Nella conversione e nella calma, sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente, sta la vostra forza” (Is 30:15).
Il quarto modo è la famiglia. Anche se Giuseppe era un grande uomo, dove sarebbe finito senza la sua famiglia, cioè senza Gesù e Maria? La santità di Giuseppe emerge attraverso la sua relazione d’amore con Gesù e Maria, servendoli con quella grande dedizione e ricevendo da loro la grazia di Dio. Allo stesso modo, Dio ci attira a sé tramite coloro che ci circondano. Non diventiamo santi come individui isolati, ma come membri di una famiglia o di una comunità. Per un’altra volta, nella costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo del Concilio Vaticano Secondo, Gaudium et Spes, il numero 48 ci dice: “Prevenuti dall’esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, anzitutto quelli che vivono insieme nell’ambito familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente umana, della salvezza e della santità. La Quaresima è una buona opportunità per esaminare i nostri rapporti più stretti. C’è bisogno di perdonare? C’è un amore che ha bisogno di riaccendersi? Manca la gratitudine? Questi sono ottimi modi per fare l’elemosina”.
Il quinto modo è Gesù e Maria. Naturalmente, la famiglia di Giuseppe non è la nostra famiglia normale. C’è una grazia speciale di mezzo in questa famiglia che è molto particolare, vale a dire Gesù e Maria. Se confrontiamo le nostre famiglie con la Sacra Famiglia, potremo essere tentati dallo scoraggiamento. Ma per la bontà di Dio, Gesù e Maria non sono lontani, ma piuttosto intimamente vicini a noi. Prima di tutto, Gesù è il nostro salvatore e fratello e, allo stesso tempo, Maria è la nostra tenerissima madre. Giuseppe, da parte sua, può aiutarci a stare vicino a Gesù e Maria, proprio come fece lui. Alla fine, tutte le nostre pratiche quaresimali stanno semplicemente dicendo sì a Gesù, esattamente come fece Maria per la prima volta all’Annunciazione. Possa Gesù portarci al Padre con l’intercessione di Maria e del fedelissimo Giuseppe, nostro protettore e fratello!
di Fra Mario Attard