
Più che penso e medito sul pontificato di papa Francesco più mi sto rendendo conto sul fatto che questo singolare pontificato è stato molto colorito. Il papa argentino ha spalancato le porte della chiesa per il Cristo di oggi nel mondo quotidiano. Il fatto che “i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo (il papa) quasi alla fine del mondo” significa chenon c’è un posto nel mondo dove la grazia divina non si fa presente per cambiare tutta la storia. In questo casa, ci voleva questa luce sudamericana per arricchire di più la chiesa di Cristo. Sulla palette dell’artista Jorge Mario Bergoglio, il Signore ha messo tantissimi colori. Oggi, voglio menzionare soltanto due colori che rendono la pittura di questo pontificato la più viva e vivace. Il primo colore della ‘palette’ è lo stare con la gente. Come francescano cappuccino non posso non ammirare questa caratteristica indubbiamente francescana e cappuccina nel pontificato vivo e vivificante di papa Francesco. La gente gli dava vita. Basta pensare che il santo padre restava con la gente fino alla fine. È stato impressionante il suo discorso al Collegio Saint Michel (Antananarivo) durante suo incontro con i sacerdoti, religiosi/e, consacrati e seminaristi nel suo viaggio apostolico in Mozambico, Madagscar e Mauritius, la domenica 8 settembre 2019: “So che molti di voi vivono in condizioni difficili, dove mancano i servizi essenziali – acqua, elettricità, strade, mezzi di comunicazione – o le risorse economiche per portare avanti la vita e l’attività pastorale. Parecchi di voi portano sulle loro spalle, per non dire sulla loro salute, il peso delle fatiche apostoliche. Tuttavia, scegliete di rimanere e stare accanto alla vostra gente, vicini alla vostra gente, con la vostra gente. Grazie per questo! Grazie di cuore per la vostra testimonianza di essere vicini alla gente, grazie per aver voluto restare lì e non fare della vocazione un ‘passaggio a una vita migliore’! Grazie di questo. E restare lì con consapevolezza, come diceva la sorella, suor Suzanne: ‘Malgrado le nostre miserie e debolezze, ci impegniamo con tutto noi stessi nella grande missione dell’evangelizzazione’. La persona consacrata (nel senso ampio della parola) è la donna, è l’uomo che ha imparato e vuole rimanere, nel cuore del suo Signore e nel cuore del suo popolo. Questa è la chiave: rimanere nel cuore del Signore e nel cuore del popolo!”.
Il secondo colore sulla ‘palette’ pontificale di papa Francesco è stato la sua insistenza sulla tenerezza. In questa cultura d’Occidente, spesso colma di rabbia, ansietà, angoscia e arroganza, ci vuole per forza lo Spirito di Dio che è tenerezza. Su questa virtù assai importantissima e che stava proprio a cuore di papa Francesco, voglio elencare alcuni testi forti e ben chiari pronunciati dal pontefice argentino su questo argomento molto concreto per questo mondo malato in cui viviamo. Nella sua intervista al settimanale ‘Credere’ del 2 dicembre 2015, papa Francesco disse: “La rivoluzione della tenerezza è ciò che oggi dobbiamo coltivare come frutto di questo anno della misericordia: la tenerezza di Dio verso ciascuno di noi. Ognuno di noi deve dire: ‘Sono uno sventurato, ma Dio mi ama così; allora anche io devo amare gli altri nello stesso modo’”. Poi, nella sua omelia durante la Celebrazione Eucaristica, in occasione dell’insediamento sulla cattedra di vescovo di Roma, il 7 aprile 2013, diceva: “Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo. […] Sentiremo la sua tenerezza, tanto bella, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore”.
Nel suo messaggio e benedizione Urbi et Orbi, del 25 dicembre 2013, disse: “Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza”. La tenerezza di Dio si esperimenta in tutte le stagioni della vita. Dice il santo padre nella sua omelia letta nella celebrazione della santa messa della solennità del Sacro Cuore al Policlinico A. Gemelli di Roma, il 27 giugno 2014: “Possiamo sperimentare e assaporare la tenerezza dell’amore del Padre in ogni stagione della vita: nel tempo della gioia e in quello della tristezza, nel tempo della salute e in quello dell’infermità e della malattia”. La tenerezza di Dio si fa presente tramite il sacramento della Chiesa. Papa Francesco afferma questa fondamentale realtà durante il suo discorso dell’Angelus in Piazza San Pietro dell’8 febbraio 2015: “L’opera salvifica di Cristo non si esaurisce con la sua persona e nell’arco della sua vita terrena; essa continua mediante la Chiesa, sacramento dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini”. Infine, la tenerezza di Dio dichiara una guerra santa contro la rigidità. Nella sua omelia durante la santa messa in occasione della Festa liturgica della Beata Vergine Maria di Guadalupe, del 12 dicembre 2015, papa Francesco diceva così: “Il Signore con la sua tenerezza ci apre il suo cuore, ci apre il suo amore. Il Signore è allergico alle rigidità”.
Di solito, la palette degli artisti è più colma di colori, almeno da un minimo di 3 e da un massimo di 6 colori diversi. Ma questi due colori della vicinanza con la gente e vivere nella tenerezza di Dio sono talmente importanti che creano altri colori congiunti a loro. Infatti, essi costituiscono una fraternità dell’amore basata sul ministero dell’ascolto compassionante e il servizio generoso. Insomma, una fraternità che sa accompagnare gli altri perché essa è accompagnata da Dio, che la educa nell’arte della condivisione coi fratelli e sorelle in tantissimi vari modi. Grazie papa Francesco per essere stato tanto umile e coraggioso ad aprire il tuo bellissimo cuore allo Spirito Santo. Grazie per aver lasciato lo Spirito abbellire il tuo pontificato con tanti forti, gioiosi e curativi colori.
di Fra Mario Attard