Emendamento di urgenza del Governo annulla il principio di precauzione e tutela della salute del cittadino dando il via libera al 5G

Il decreto semplificazioni del Governo, che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo l’approvazione da parte del Parlamento tramite un emendamento, di fatto, ha reso carta straccia le ordinanze di 500 sindaci che si erano opposti all’installazione delle antenne per il 5G. Quindi, il tema è LA TECNOLOGIA che è cambiata, pura fisica e gli interessi economici che coinvolgono il nostro Paese. Annullando il Principio di Precauzione, adottato dall’Unione Europea già dal 2005, secondo il quale “Quando le attività umane possono portare a un danno moralmente inaccettabile che è scientificamente plausibile, ma incerto, si dovranno intraprendere azioni per evitare o diminuire tale danno”. Dal 2019, il Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Commissione Europea, affermando come il “5G lasciasse aperta la possibilità di conseguenze biologiche” ha evidenziato un chiaro segnale agli Stati membri, soprattutto all’Italia, sui pericoli socio-sanitari derivabili dall’attivazione ubiquitaria del 5G (che rileva gravissime criticità, in parte conosciute sui problemi di salute e sicurezza dati) confermando l’urgente necessità di un intervento normativo nei riguardi della diffusione di tale nuova tecnologia 5G.

La nostra Commissione Nazionale ‘Ambiente e Salute’ è impegnata da tempo sul tema e l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura ha supportato diversi sindaci italiani negli ultimi mesi e, come abbiamo già pubblicato con altro articolo, il professor Silvano U. Tramonte, presidente della nostra Commissione sopra citata, in https://www.bergamoesport.it/tramonte-il-5g-e-una-tecnologia-buona-o-cattiva/ definisce, a ragione, l’atto d’imperio un “Colpo di mano del Governo sul 5G”, supportato dal parere legale dell’avv. Vincenzo Arancio del Foro di Milano, responsabile dell’Ufficio Legale INBAR. La norma, di fatto, sostituisce l’articolo 8 della legge numero 36 del 22 Febbraio 2001 e recita quanto segue: “I Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo”.

Di fatto, i primi cittadini non potranno più bloccare il 5G nelle Città, che è un fatto sociale di gravità assoluta sulla tutela del cittadino in TUTTA ITALIA. La scelta è stata adottata dopo che qualche giorno fa, in audizione alla Camera, la Commissione governativa aveva nuovamente sottolineato come la rete di nuova generazione non comporti alcun tipo di rischio per la salute delle persone, il che non è dimostrabile e, anzi, esisterebbe il concreto rischio che, invece, lo sia. Il tema è, dunque, cosa succede in caso di inerzia dello Stato stesso riguardo le Ordinanze di 500 sindaci italiani sul “Divieto di installazione nel proprio territorio del sistema 5G”, esercitando il dovere sindacale di precauzione e tutela della salute dei cittadini. Il principio di precauzione viene definito come una strategia di gestione del rischio nei casi in cui si evidenzino indicazioni di effetti negativi sull’ambiente o sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, ma i dati disponibili non consentono una valutazione completa del rischio. L’applicazione di detto principio richiede, dunque, la presenza di tre elementi chiave: 1) l’identificazione dei potenziali rischi; 2) una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo sulla base di tutti i dati esistenti; 3) la mancanza di una certezza scientifica che permetta di escludere, ragionevolmente, la presenza dei rischi identificati. Lo Stato, pertanto, in funzione della propria potestà, nonché delle proprie capacità, deve intervenire con azioni dirette a salvaguardare la salute umana e a prevenire ogni degrado ambientale in caso di rischio di danno grave o irreversibile non rilevando, appunto, l’assenza di una piena certezza scientifica la quale, di fatto, non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive per il raggiungimento dell’obiettivo fissato.

Il dovere di tutelare la salute del resto è un precetto assoluto che deve cioè essere osservato, sempre e comunque, in quanto imposto a tutela di un diritto primario, quello alla salute, sancito in Costituzione (art. 32 Cost.) e gravante sullo Stato, nonché nel diritto convenzionale internazionale, posto in capo a chiunque e in primis gli organi esecutivi pubblici. Si può, pacificamente, affermare che un sindaco che si avveda dell’inerzia del Ministero della Salute su una certa tematica sanitaria debba/possa colmare il vuoto a tutela della salute della popolazione da lui amministrata sollecitando, dapprima, il doveroso intervento delle Amministrazioni centrali competenti e, successivamente, nella perdurante assenza di intervento o in insufficienza di azione (e, in ogni caso, quando si versi in un’ipotesi di assoluta urgenza), intervenendo, direttamente, con provvedimenti ad hoc per colmare le lacune del legislatore. D’altronde, il sindaco ha, certamente, il potere conferitogli dalla legge di emettere ordinanze di necessità e urgenza secondo il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali; e anche la Giurisprudenza è conforme nell’indicare, quale facoltà del sindaco, quella di emanare provvedimenti contingibili e urgenti, pur atipici, al fine di tutelare la salute dei cittadini: lo affermano le sentenze del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi, così come l’Ordinamento delle autonomie locali che investe il primo cittadino di ‘Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale’.

Spetta al sindaco, nelle sue funzioni di ufficiale di Governo e massima autorità sanitaria locale, in ossequio sia dell’onere assunto dalla Repubblica di tutelare la salute dei cittadini come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (art. 32 della Cost.), sia del Principio dell’azione ambientale (art. 3-ter del D.Lgs. n° 152/2006), nonché del principio di precauzione sancito dal diritto comunitario, l’adozione delle migliori tecnologie disponibili e anche l’assunzione di ogni misura e cautela volte a ridurre significativamente e, ove possibile, eliminare l’inquinamento elettromagnetico e i rischi per la salute della popolazione prodotti dalle emissioni al fine di fronteggiare la minaccia di danni gravi e irreversibile per i cittadini. Se l’ordinamento giurisdizionale individua il Comune quale ente competente in ambito territoriale al rilascio dell’autorizzazione per l’installazione e la modifica degli impianti per telecomunicazioni e radiodiffusione, lo stesso attribuisce al sindaco la responsabilità penale, civile e amministrativa di accertarsi nelle competenti sedi, per le conseguenze di ordine sanitario, che dovessero manifestarsi a breve, medio e lungo termine nella popolazione residente nel territorio comunale, imponendo a questi, dunque, l’onere di comprendere la misura del rischio sanitario nelle evidenze scientifiche più aggiornate e il dovere di prendere provvedimenti a salvaguardia del territorio e della salute degli amministrati.

Oggi, si può certamente affermare che l’Europa è uno dei Continenti più avanzati del mondo per quanto riguarda il lancio commerciale dei servizi 5G, con investimenti miliardari e finanziamenti diretti da parte dell’Unione stessa. La Commissione Europea osserva che, mentre gli operatori del mercato sono i principali responsabili della sicurezza del lancio del 5G, gli Stati membri sono i responsabili della sicurezza nazionale. Spetta, infatti, alle grandi imprese telefoniche costruttrici e installatrici dimostrare, scientificamente, che le emissioni di onde elettromagnetiche prodotte dalle nuove tecnologie sono innocue nei confronti dell’uomo e degli altri esseri viventi, mentre sugli Stati incombe un onere di vigilanza. Occorre, peraltro, rilevare che gli effetti di questa nuova tecnologia sull’ambiente naturale e sulla specie umana non sono ancora stati chiariti e una prova univoca manca del tutto; dunque, oggi, sono in molti, comprensibilmente – facendo riferimento ad alcuni studi che evidenziano problemi per la salute – a chiedere ai Governi nazionali di bloccare l’implementazione del 5G, finché non si avranno resoconti scientifici attendibili e a sollecitare maggiori precauzioni nel dispiegamento del 5G invocando, in particolar modo, l’applicazione del principio di precauzione. Si osservi come la tecnologia 5G, sfruttando alte frequenze, consente di elevare la velocità dei segnali, ma allo stesso tempo costringe gli operatori ad aumentare il numero dei ripetitori.

Secondo una grande parte della comunità scientifica, ciò comporterà un incremento esponenziale del livello di inquinamento da elettrosmog, i cui effetti sulla salute della popolazione e degli ecosistemi sono – come detto – non ancora del tutto conosciuti. Al momento, si sta sviluppando prevalentemente la rete 5G dedicata ai terminali mobili che lavora sulla banda di frequenze intorno a 3.7 GHz; per quanto riguarda le bande di frequenza più elevate (27 GHz), dedicate prevalentemente all’IoT (Internet delle cose), non c’è ancora un effettivo sviluppo di rete. La banda a 700 MHz – disponibile a partire dal 2022 – verrà dedicata a servizi 5G che dovranno garantire la copertura anche delle aree in cosiddetto ‘digital divide’, cioè, in quelle aree più svantaggiate per la ricezione dei segnali e, conseguentemente, per la fruizione dei servizi associati alle telecomunicazioni. Gli impianti alle frequenze di 3.7 GHz – che vengono, prevalentemente, installati in questa prima fase di implementazione della tecnologia 5G – e gli impianti a frequenze di circa 700 MHz emettono segnali che presentano frequenze analoghe a quelle già utilizzate da diversi anni nel settore delle telecomunicazioni. Tali impianti non rappresentano, quindi, una novità dal punto di vista della tipologia di segnale a cui siamo esposti. Diverso è il discorso degli impianti nella banda 27 GHz che sono frequenze a cui la popolazione non è stata esposta storicamente, in quanto impiegate nelle comunicazioni satellitari che non causano esposizione ambientale.

Tali frequenze comportano l’installazione di nuova infrastruttura tecnologica di rete ovvero il posizionamento di mini-antenne a microonde millimetriche che potrebbero essere quantificabili persino in milioni se considerate posizionate una ogni pochi metri sui lampioni della luce, nei tombini dei marciapiedi, in cielo coi droni e in orbita nello spazio col Wi-Fi satellitare; esse sottoporrebbero, dunque, la popolazione a un irradiamento 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 con l’implicazione principale di una maggiore energia trasferita ai mezzi in cui le radiofrequenze vengono assorbite, in particolare i tessuti umani. Gli effetti delle radiofrequenze, derivanti da una massiccia installazione di milioni di nuove antenne, mancando qualsiasi studio preliminare sulla valutazione del rischio sanitario e per l’ecosistema, sono del tutto inesplorati, ma autorevoli fonti scientifiche non escludono la possibilità di un nefasto rapporto causa/effetto tra radiofrequenze/patologie tumorali e, in ogni caso, sono stati evidenziati in molti soggetti casi di elettrosensibilità da elettrosmog.

Anna Carulli – Presidente Nazionale Istituto Nazionale di BioARchitettura

Marco Caserio – Consigliere delegato Commissione Nazionale ‘Ambiente e Salute’

Silvano U. Tramonte – Presidente Commissione Nazionale ‘Ambiente e Salute’

Silvano U. Tramonte – Presidente Commissione Nazionale ‘Ambiente e Salute’

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