Covid-19: Da Oxford nuovo faccino in fase sperimentale

Sono stati fatti importanti passi avanti nello sviluppo di un vaccino contro il Covid-19. La rivista scientifica inglese, di ambito medico, ‘The Lancet’, ha pubblicato un importante studio che evidenzia l’efficacia di un vaccino contro il Coronavirus sviluppato presso l’Università di Oxford. Secondo lo studio, il vaccino sperimentale nato in Inghilterra – nei primi test su circa mille volontari – ha fatto riscontrare una marcata risposta immunitaria e pochi effetti collaterali. ChAdOx1 nCoV-19, questo il nome del vaccino sviluppato dall’Università di Oxford in collaborazione con AstraZeneca e l’italiana Irbm – ha dimostrato essere sicuro ed efficace per stimolare la produzione di anticorpi neutralizzanti contro la proteina ‘spike’ di Sars-Cov-2, ovvero la proteina con cui il nuovo Coronavirus riesce a penetrare nelle cellule umane. Un risultato molto importante che si aggiunge ad altre sperimentazioni avanzate e che fa ben sperare nell’avere un vaccino efficace nei primi mesi del prossimo anno. Il vaccino sperimentale – come riporta il sito della rivista scientifica – è stato realizzato partendo da uno dei virus che causa il raffreddore comune negli scimpanzé. Il gruppo di ricercatori ha trasferito il materiale genetico della proteina che il Coronavirus utilizza per legarsi alle cellule e replicarsi, e lo ha inserito sul virus tratto dagli scimpanzé. In questo modo, il nostro sistema immunitario impara ad attaccare la proteina, così da potere anche affrontare le infezioni causate dal Coronavirus vero e proprio. Dalle analisi, è emerso che una singola dose ha prodotto – un mese dopo l’iniezione – un aumento di quattro volte degli anticorpi contro la proteina ‘spike’ nel 95% dei partecipanti. Inoltre, l’attività neutralizzante contro il virus è stata osservata nel 91% dei partecipanti un mese dopo la vaccinazione e nel 100% dei partecipanti che avevano ricevuto una seconda dose. Anticorpi i cui livelli nel sangue sono rimasti costanti per almeno 56 giorni (ultimo dato disponibile).

Infine, il vaccino ha indotto anche la risposta dei linfociti T, cellule del sangue appartenenti ai globuli bianchi, che rappresentano il cuore dell’immunità acquisita, insieme ai macrofagi e ai monociti, un tipo di risposta immunitaria che non coinvolge gli anticorpi, ma che potrebbe essere, comunque, importante nel combattere il virus. Di solito, infatti, i vaccini comprendono meccanismi tali da indurre una risposta immunitaria sia degli anticorpi che dei linfociti. Secondo quanto pubblicato su ‘Lancet’, i livelli di questi ultimi hanno raggiunto il loro massimo in media dopo 14 giorni dalla vaccinazione, mentre gli anticorpi sono aumentati a poco meno di un mese dalla somministrazione del vaccino. Dai test è stato, inoltre, possibile verificare la sicurezza del vaccino, anche se sono stati segnalati alcuni effetti collaterali, nessuno grave. Il 70 per cento circa dei partecipanti ha avuto per qualche giorno febbre e mal di testa in seguito alla somministrazione della prima dose del vaccino. In quasi tutti i casi, la somministrazione di paracetamolo ha consentito di tenere sotto controllo entrambi i sintomi, senza particolari problemi. Tuttavia, si tratta di una fase sperimentale per verificare la sicurezza del vaccino e tutti i possibili effetti collaterali. Una nuova fase di test, sempre in UK, coinvolgerà circa 10mila volontari e sono previste sperimentazioni analoghe per lo stesso vaccino negli Stati Uniti, in Sudafrica e in Brasile. Anche se i risultati sono promettenti – dopo la completa sperimentazione – sarà necessario produrlo su larga scala prima di potere avviare campagne di vaccinazione che interessino la maggior parte delle persone a rischio, questo si traduce in un arco temporale che, secondo gli studi, porterà ad avere un vaccino ad inizio 2021.

di Sergio Lanfranchi

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