Servizio di mensa scolastica: La Cassazione vieta il pasto portato da casa

Sulla questione dell’autonomia organizzativa del servizio di mensa scolastica, com’è noto la Cassazione ha messo un punto su una querelle che va avanti da anni. Con sentenza n° 20504/19 depositata il 30 luglio 2019 la Corte Suprema ha stabilito che “il panino portato da casa in sostituzione al pasto della refezione scolastica non può essere consentito”, sottolinea l’assessore all’Istruzione del Comune di Messina, Roberto Vincenzo Trimarchi, all’avvio dell’anno scolastico 2019-2020. Le Sezioni Unite della Cassazione, ribaltando una precedente pronuncia favorevole ai genitori degli alunni che preferivano alla mensa il pasto portato da casa, hanno sostenuto che non esiste un ‘diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione individuale, nell’orario della mensa e nei locali scolastici”. I giudici di Cassazione, che ricordiamo, esprimono solo giudizi di legittimità e non di merito, “hanno supportato le ragioni dei Comuni nell’affermare un’importante precisazione giuridica – sottolinea Trimarchi – secondo cui l’istituzione scolastica ‘non è un luogo dove si esercitano liberamente i diritti individuali degli alunni, né il rapporto con l’utenza è connotato in termini meramente negoziali, ma piuttosto è un luogo dove lo sviluppo della personalità dei singoli alunni e la valorizzazione delle diversità individuali devono realizzarsi nei limiti di compatibilità con gli interessi degli altri alunni e della comunità”. La questione legale iniziata qualche tempo fa, da parte di 58 famiglie torinesi che decisero di dar ‘battaglia’ al Comune di Torino che non consentiva ai loro figli il consumo dei pasti portati da casa al posto di quelli preparati dalle società di ristorazione.

Il rifiuto dell’Amministrazione comunale torinese era motivato dal fatto che il servizio di refezione scolastica fosse parte integrante dell’orario scolastico e, soprattutto, sarebbe dovuto prevalere il principio della qualità dei pasti anche in ordine ai rischi di eventuali intolleranze alimentari.La Suprema Corte di Cassazione – spiega Trimarchi – accogliendo il ricorso del Comune di Torino ha ribaltato la decisione della Corte d’appello favorevole alle famiglie sostenitrici del panino portato da casa”. “Portare il panino da casa – scrivono i giudici – comporta una ‘possibile violazione dei principi di uguaglianza in base alle condizioni economiche, oltre che al diritto alla salute, tenuto conto dei rischi igienico-sanitari di una refezione individuale e non controllata”. La decisione delle Sezioni Unite inciderà certamente sulla pianificazione delle mense scolastiche. Secondo i giudici di Cassazione “I genitori sono tenuti anch’essi, nei confronti dei genitori degli alunni portatori di interessi contrapposti, all’adempimento dei doveri di solidarietà sociale, oltre che economica”. La Suprema Corte, sottolineando che “i genitori non possono influire sui criteri di gestione del servizio di mensa, rimesse all’autonomia organizzativa” degli istituti scolastici, afferma “il principio per il quale ‘un diritto soggettivo e incondizionato all’autorefezione individuale, nell’orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile’”.

Da tempo, molte scuole italiane praticano scelte in linea ai principi asseriti nel luglio scorso dai magistrati delle Sezioni Unite, nel rispetto di opzioni alimentari legate alla cura della salute o a ragioni di culto della famiglia d’origine dell’alunno.Con l’inizio dell’anno, le istituzioni scolastiche e i Comuni dovranno uniformarsi alla Sentenza senza alcuna eccezione secondo il principio sancito dalla Corte di Cassazione di ‘gestione esclusivamente scolastica’ del servizio di mensa non consentendo più la consumazione del ‘panino’ portato da casa, ma assicurando il servizio a tutti senza alcuna distinzione, all’insegna dell’autonomia organizzativa”degli istituti scolastici e,soprattutto, a garanzia e cura della salute degli studenti tenendo conto delle differenti esigenzenutrizionali legate a particolari patologie di intolleranza alimentare. “L’adeguamento alla sentenza di Cassazione – conclude il rappresentante per l’Istruzione dell’Amministrazione De Luca – sarà un’occasione importante per stabilizzare percorsi di educazione alimentare nell’ambito di un processo più ampio pedagogico-didattico. Un’alternativa al pasto del servizio di refezione scolastica, consiste nel condurre a casa il bambino da parte dei genitori per poi riaccompagnarlo a scuola all’ora di riavvio delle lezioni”.

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