South Working: Il lavoro a distanza rimodellerà le Città del Nord Italia a vantaggio di quelle del Sud?

Da anni, si parla di un potenziale esodo da Milano, spinto dal costo esorbitante della vita e dai lunghi, faticosi e costosi, spostamenti per raggiungere il meridione durante le ferie. Ma prima del Coronavirus, lasciare Città come Milano significava abbandonare alcuni dei lavori meglio pagati e più prestigiosi in Italia. Ci sono, però, i primi segnali che qualcosa sta accadendo. Città come Milano, fulcro del business italiano, potrebbero non essere più le stesse. Nel mondo, il fenomeno sta interessando Città come San Francisco, dove migliaia di dipendenti delle aziende tecnologiche – alle prese con lo smart working a oltranza – hanno deciso di lasciare le loro case in affitto per trasferirsi altrove, dove i costi di locazione sono, decisamente, più bassi. Una inversione di tendenza inimmaginabile fino a qualche mese fa, raccontata dal Wall Street Journal. San Francisco negli USA, come Milano in Italia, è fra le Città più care degli Stati Uniti d’America, in quanto ad affitti, frutto del fatto che sorgono sul suo territorio le più importanti aziende tecnologiche al mondo, da Facebook a Google, da Apple a Twitter.

Per anni, il mercato immobiliare della Città americana è cresciuto in modo sfrenato e, mentre i lavoratori si moltiplicavano, gli alloggi disponibili rimanevano più o meno sempre uguali, con la conseguente crescita dei prezzi: un posto letto in un appartamento condiviso, oggi, costa mediamente 1.300 dollari al mese o servono 4.000 per un monolocale. L’emergenza Covid-19 ha, però, riscritto le regole, grazie alle iniziative intraprese dalle principali aziende del settore digital. Google, per esempio, ha annunciato che i suoi dipendenti lavoreranno in remoto almeno fino all’estate del 2021 e, come lei, molte altre aziende dell’area come Facebook e Twitter, che consentirà ai suoi dipendenti di lavorare da casa per sempre. Le prime conseguenze? Secondo l’articolo del WSJ i prezzi degli affitti nell’area di San Francisco si sono ridotti dell’11% su base annuale.

Anche in Italia, molte aziende consentono ai dipendenti lo smart working e inizia a prendere vita il fenomeno del South Working che indica il trasferimento, il ritorno a casa, lo spostamento di lavoratori meridionali dalle Città del Nord al Sud. Un movimento possibile grazie alla modalità che consente di svolgere il lavoro da remoto, che ha permesso a molti di continuare a lavorare anche lontano dall’ufficio. Della tendenza, se ne parla, praticamente, dall’inizio dell’emergenza Coronavirus: molti meridionali, studenti e lavoratori, impauriti dal contagio che ha colpito la Lombardia, in particolar modo, sono tornati di corsa a casa dopo gli allarmanti bollettini dell’epidemia. Alcuni di questi hanno continuato a lavorare dalle loro Città di origine, nel Meridione. Molti hanno anche disdetto gli affitti.

Il South Working potrebbe rappresentare un’opportunità per il Sud che sopporta l’emigrazione, in costante aumento, dei giovani con conseguente spopolamento delle Città di provenienza che perdono, assai spesso, i loro talenti che vanno ad arricchire – affrontando sacrifici e difficoltà – il Nord dell’Italia. I flussi migratori – si legge nel Rapporto Svimez (Associazione per lo Sviluppo Industriale del Mezzogiorno) 2019 – sono ‘la vera emergenza meridionale’. Nel periodo intercorso tra il 2002 e il 2017, le persone emigrate hanno superato i 2 milioni. Se ne contano 132.187, solo nel 2017, di cui 66.557 sono giovani e di questi 21.557 sono laureati. Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità. La fuga dei cervelli ha segnato gli ultimi anni, assieme a una politica sbagliata che ha diviso l’Italia in due affossando il Meridione, favorendo il suo declino e rendendolo succube, se non schiavo, di un apparato che ha posto la Città di Milano al centro del sistema economico Milanocentrico.

Secondo Il Sole24Ore, in 20 anni, Milano ha guadagnato circa 100mila residenti da tutta Italia raggiungendo, prima dell’emergenza, quotidianamente circa 3 milioni di persone, raddoppiando, così, il numero dei residenti. Allo stato attuale, per i motivi espressi, segna perdite consistenti anche a causa della partenza dei suoi numerosi fuorisede. Il problema non coinvolge solo l’Italia. The Economist afferma che sarà difficile tornare all’era BC (Before Coronavirus) del lavoro per il notevole risparmio che si realizza. Inoltre, molti lavoratori apprezzano l’equilibrio tra vita privata e occupazione, il Work life balance. Secondo il National Bureau of Economic Research americano, lo smart working inciderà, notevolmente, sul futuro di un notevole numero di imprese. Il rovescio della medaglia – se così lo vogliamo intendere – è la perdita di fatturato per alcuni locali della ristorazione che si attesta nell’ordine del 75%, soprattutto, per quelli che esercitano attività diurne perché essendo gli uffici chiusi i dipendenti non escono a pranzo – come ha evidenziato Carlo Squeri, segretario generale di Epam-Confcommercio. “Lo stesso smart working, se accompagnato a nuovi diritti, compreso quello alla ‘disconnessione’, a una più moderna e democratica organizzazione del lavoro, potrebbe diventare una forma strutturale di lavoro dei giovani meridionali che possono restare al Sud, senza essere costretti a un difficile pendolarismo o a nuove vie di emigrazione”, ha detto il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, in un’intervista pubblicata su Il Manifesto.

di Sergio Lanfranchi

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