La Badiazza tra storia e leggenda

Durante la dominazione araba, gli eremi bizantini – frequentati dai monaci basiliani giunti in Sicilia intorno al IV secolo – vennero abbandonati o distrutti. Secondo lo storico Garufi, fu lasciato in rovina anche uno dei più importanti complessi monastici presenti sul territorio messinese: la Badiazza. A differenza del Samperi, egli ritiene, infatti, che il famoso convento di Santa Maria della Valle preesistesse all’arrivo dei normanni, i quali si limitarono solo a restaurarlo. Certo è, comunque, che la Badiazza fu, per vari secoli, il fulcro intorno al quale ruotò la vita della gente che abitava le contrade della fiumara di San Michele. Ne sono prova i tanti privilegi a essa concessi da tutti i re di Sicilia e gli eventi storici, intrisi di leggende, che la ebbero come scenario. Guglielmo II, nel 1168, dichiarò la chiesa del convento ‘Cappella Reale’ e concesse alla sua badessa il privilegio di liberare, ogni anno, un condannato a morte. Successivamente, l’abbazia prese il nome di Santa Maria della Scala – pare – in seguito al verificarsi di un evento miracoloso. Secondo la leggenda, al tempo di Federico II, una nave portò a Messina un quadro raffigurante la Vergine Maria indicante la scala del paradiso. L’imbarcazione non riuscì a salpare finché la sacra immagine, tenuta nascosta dai marinai nella stiva, non fu portata a terra. Qui, venne caricata su un carro trainato da buoi che, lasciati senza alcuna guida, giunsero fino all’ingresso della Badia.

Alla sacralità e alla magia di questo luogo, si aggiungono anche aspetti di grande rilevanza economico-sociale. Il 2 aprile del 1296, il re Federico II d’Aragona istituì, nel Campo del Santo Sepolcro nei pressi della foce del Torrente Giostra, una ‘fiera franca’ da tenersi ogni anno per 15 giorni. L’evento era strettamente legato alla prestigiosa abbazia e non solo per ritualità religiosa. La fiera offriva, difatti, una buona piazza per la vendita delle immense risorse agricole prodotte nei vasti territori di cui essa era dotata. La badessa del monastero aveva, per tali motivi, il privilegio di nominare un ‘mastro di fiera’ e di essere beneficiaria di gran parte dei proventi delle vendite. Fu questo il momento di massimo splendore del monastero. Ma la pestilenza del 1347 segnerà l’inizio del suo lento declino. Per invocare la salvezza dalla terribile epidemia, i messinesi portarono, infatti, il miracoloso quadro della Madonna della Scala in città, dove venne costruito un nuovo convento. La Badiazza venne adibita a semplice residenza estiva, fino ad essere definitivamente abbandonata dopo il Concilio di Trento, a causa dell’introduzione dell’obbligo di clausura per le monache. Ciò determinò la sua totale caduta in rovina, tanto che, già nel 1644, il Samperi così la descrive: “…a guisa di un cadavero, spira tutta volta, come i cadaveri Reali, Maestà e grandezza”. Oggi, si confida nel restauro per rivedere tornare al suo antico splendore uno dei più imponenti e affascinanti complessi monastici fortificati della Sicilia.

di Marta Interdonato

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