Culto e tradizione del venerdì santo a Centuripe

Il tradizionale rito del venerdì santo centuripino risale alla nascita della medesima chiesa del SS. Crocifisso – avvenuto nel XIX secolo – con il signore crocefisso, opera creata dallo scultore Noè Marullo, sempre nello stesso periodo della nascita della chiesa, nato per portarlo in processione con la sua pregiatissima vara lignea, dal colore rosso scuro, chiamata ‘Tambuletto’, sopra decorata a foglia d’oro con cinque angeli, quattro posti sugli angoli e uno al centro del coperchio. La chiesa possiede la sua confraternita che organizza la festa e, durante la processione, i portatori vestono con i colori tipici della confraternita (simbolo del venerdì santo) che sono rappresentati da un camice bianco con il cordone rosso attaccato al girovita, la plancia di ottone con il simbolo del crocifisso portata al collo, un fazzoletto bianco legato in testa con a capo una coroncina creata con il ramo della spina santa. Inizialmente, la tradizione era legata ai solfatai che lavoravano nelle miniere di Centuripe, Marmora-Gualtieri. Mio nonno raccontava che suo padre era solfataio e il giorno del venerdì santo non si lavorava perché ci si dedicava tutti alla festa.

Negli anni trenta, i solfatai fecero un dono alla chiesa madre di Centuripe, un grande lampadario composto da 85 luci a cerchio che prende il nome di Ninfa; fino a diverso tempo fa, vi era una scritta al centro ‘Devozione Solfatai’, purtroppo, ormai scomparsa da tempo. La festa del venerdì santo comincia la mattina con la transizione del Signore con il tambuletto nella chiesa madre; lì, il Signore viene collocato sulla croce dell’altare della chiesa madre dove alla spalla della croce è collocata la statua dell’Addolorata portata in processione. Nel pomeriggio, si celebra la santa messa con la liturgia e, successivamente, il tradizionale simbolo del venerdì santo centuripino che è la schiodatura del Signore dalla croce dove viene tolto ogni chiodo, insieme alla corona di spine, e, a quel punto, il parroco fa una riflessione. Successivamente, il Signore viene posto nel Tambuletto che si farà uscire dalla chiesa per la processione; i portatori disposti in fila indiana – che, per l’esattezza, sono due – formano un cordone. Ai tempi dei solfatai, i portatori erano in numero maggiore, purtroppo, è una tradizione scomparsa da tempo quella in cui durante la processione e davanti ai portatori c’erano due file composte da bambini con in mano una candela.

La processione, che ha inizio dalla chiesa madre, fa il giro della piazza scendendo fra i quartieri, fa sosta per una preghiera e, durante la processione, vengono intonati i vari canti tradizionali del venerdì santo. Arrivati presso il convento di San Agostino, punto alto della piazza, è di tradizione l’‘Annacata’: i portatori del Tambuletto avanzano in modo lento fino all’arrivo alla chiesa madre, precedentemente, il Tambuletto arrivava alla chiesa madre alle tre di notte, ma negli anni il percorso è stato ridotto. Una volta arrivati presso la chiesa, il Tambuletto e la Madonna Addolorata fanno il giro ai lati (della chiesa) e nell’altare del santissimo crocifisso il parroco pronuncia il Miserere. Subito dopo la preghiera, il Tambuletto si appresta a uscire dalla chiesa dove avviene la conclusione del giro e si fa, così, ritorno in chiesa. Lo scorso anno, a causa della pandemia non è stato possibile organizzare alcuna festa per la settimana santa ed è stata solo trasmessa la messa in diretta su Radio Studio Due. Mi auguro possa terminare al più presto questo blocco generale per ritornare, finalmente, alla nostra normale vita quotidiana e per vivere di nuovo le nostre amate tradizioni.

Antonino Passalacqua

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